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LA VALLEE FANTOME Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 19 novembre 1987
 
di Alain Tanner, con Jean-Louis Trintignant, Laura Morante, J. Berger (Svizzera, 1987)
Curioso film, quest'ultimo del nostro eroe nazionale. Capace, ai tempi di CHARLES MORT OU VIF di far nascere un cinema di casa quasi a lui solo. Come si sa, i tempi sono cambiati, Tanner non è più un enfant prodige, il cinema non è più quello (e l'autore ce lo ripete, con lagnanze financo eccessivamente autocompatite nella parte iniziale del film) e i creatori non sanno più esattamente a che santo votarsi. Come spiega senza mezzi termini ma efficacemente il regista stesso: " di storie, di finzione, non ne esistono più perch È la televisione le ha distrutte. Una specie di emorragia: come se tutta la mia sostanza umana fuoriuscisse da un rubinetto per finire nelle fogne. "

Curioso, LA VALLEE FANTOME, perché nasce come un gemello siamese con UNE FLAMME DANS MON COEUR (anch'esso sui nostri schermi fra pochi giorni): concepito dopo, ma che ne descrive la genesi. Film a colori , che fa da prologo ad un altro un bianco e nero... Un affresco, che si sposta dalla valle ginevrina che dà il titolo, a Chioggia, a New York, che introduce ad uno schizzo. Di chiaroscuri intimisti, per qualcuno addirittura scabrosi.

Curioso, poi, poiché spezzato in due, tutt'altro che unitario, tutt'altro che riuscito perfettamente; forse proprio a somiglianza della crisi (di creatività, d'identità, e si potrebbe continuare) che vorrebbe dipingere.

Una prima parte (discutibilmente compiaciuta, come succede spesso con gli artisti che s'interrogano piuttosto che guardarsi attorno) che non si sposta un filo né dai luoghi né dal personaggio; alla quale fa seguito una seconda, sorprendente mobile ed inventiva. Non tanto perché ci si sposta in Italia ad incontrare una Laura Morante che fatica (ma fa parte del suo genere di personaggio) ad entrare in gioco; quanto perché a New York (ed uno temeva ormai il peggio, ma che ci andranno a fare oltreoceano, personaggi e troupe?) il film trova i suoi momenti migliori. Come quelli con il padre della ragazza, sicuramente il personaggio più vero (qualcuno dirà l'unico), emigrato a Brooklin, di quelli che rimangono nella memoria.

Film di quelli che lo spettatore trova eufemisticamente lenti, con le riflessioni che conosciamo a memoria: e che, ad un tratto, s'inalberano nei dialoghi, in un'intuizione estetica, in un momento d'abbandono dei personaggi. Per diventare veri.


   Il film in Internet (Google)

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